La Motivazione
Quando si impara a suonare uno strumento le motivazioni e l’autodeterminazione nel farlo si manifestano fuori e dentro il contesto educativo. Il maestro qui giunge per dare tempo e luce, elementi essenziali di ogni mediazione. Si conviene nel modello didattico proposto che si sfrutti la varietà di tecniche esistenti, introducendo le differenti tradizioni empiriche di derivazione. Si auspica oltresì l’utilizzo di musiche che favoriscano le attività d’ascolto ed improvvisazione estemporanea. Particolare interesse vi è riguardo le attività musicali collettive, fondamentali per istruire l’alunno sul proprio ruolo nel gruppo, in un’atmosfera calda ed entusiastica, dove il mezzo di comunicazione predominante è il suono.
Il motore che spinge un allievo/a a far musica, anche quando sia molto piccolo è sempre legato alla sua individualità, alle cose in cui crede ed alle qualità del suo carattere. Un tratto che può divenir col tempo determinante è la capacità di non arrendersi nonostante le durezze che talora l’addestramento musicale presenta. Questa ostinazione dipende soprattutto dai tratti emotivi della personalità, ad esempio la capacità di provare entusiasmo ed essere perseveranti nonostante gli insuccessi. Ogni attività fa parte di un ampio contesto emotivo infatti mettere in rapporto lo studio dello strumento musicale con un sentimento di calore e di amore è un’esigenza assoluta. In qualche modo il calore è necessario allo sviluppo dell’allievo come alla crescita di una pianta. Moltissimi sono i concetti che possiamo comunicare ad un individuo entrando nel suo universo. L’idea di amore e calore è sempre connessa al contatto posturale che si ha con lo strumento come la manutenzione dello stesso strumento può tradursi in un abbraccio intenso ma non soffocante. Possiamo quindi affermare che lo studio quotidiano è collegato all’idea che lo strumento possa servire al fine di uno scambio di ricchezza emotiva; La musica è una forma di maturazione della psiche umana come non ve ne sono altre, ricordiamo qui la teoria di Gardner che ne fa una delle sette intelligenze. La didattica dello strumento musicale è molto differente da quella delle altre discipline, poiché da queste essa si differenzia particolarmente nel contesto specifico in cui opera. In effetti durante la lezione di strumento la comunicazione e quindi l’aspetto relazionale converge soltanto su due individui, il singolo docente ed il singolo discente. Certo l’importanza della disciplina, dell’obiettivo che si persegue è anch’esso elemento costitutivo nell’aspetto relazionale, ma più che mai in questa situazione l’insegnante e l’allievo comunicano alla pari: rare sono le lezioni di tipo frontale, frequenti le lezioni di tipo interattivo in cui l’oggetto contemplato è saper fare e saper osservare un determinato movimento. L’apprendimento per imitazione e per osservazione, per dirla con Bandura, è qui al centro del processo di scambio di informazioni. Delicata e sottile si rivela la dimensione comunicativa ed in generale il tipo di sguardo umano: il grado di giudizio in questa relazione didattica è molto elevata.
Riguardo l’attività musicale, molto simile a quella sportivo-agonistica, le neuroscienze ci dicono che l’esercizio e la ripetizione di un gesto determinano modificazioni strutturali solo se questo viene accompagnato da motivazione ed interesse. Si può studiare molto a lungo perché si è determinati a farlo: forse per essere i migliori, per guadagnarsi una posizione o il rispetto e amore degli altri e non conoscere il senso profondo di ciò che si fa. D’altro canto si può amare profondamente ciò che si fa e desiderarne con passione la realizzazione, ma fermarsi alla prima difficoltà o senso di disgusto. Un aspetto che nello studio della musica ricorre frequentemente è questo. Nella didattica dello strumento musicale si propongono particolari posizioni e posture del corpo. Accade che un’impostazione si riveli non adatta alla fisicità dell’allievo, oppure ai generi di musica che egli vorrebbe suonare, e quindi che gli sforzi richiesti da questa tecnica non siano bilanciati da soddisfazioni adeguate. Ebbene si auspica che le soluzioni da prendersi in questi casi godano di varie possibilità di scelta concernenti i gusti dell’allievo, personalizzazioni e scambi culturali, in una prospettiva di incremento delle motivazioni dell’interessato. Per mantenere viva la motivazione nell’allievo è fondamentale che l’insegnante riesca a creare un luogo di rispetto, quasi un luogo “rituale” (che può essere l’aula), fisico e non, dove avviene un continuo richiamo all’oggetto d’interesse comune che unisce i soggetti lì presenti. L’attenzione agli stessi oggetti che servono da supporto alla performance (es. leggio, metronomo ecc..) assume una veste rilevante ai fini di un’educazione all’autodeterminazione. La creazione di un luogo rituale si accompagna alla creazione di un “tempo rituale”: ricordiamo che il tempo della musica scandisce pulsazioni diverse da quelle del nostro battito cardiaco. La motivazione come nella maggior parte delle attività umane è correlata al piacere dell’individuo e nell’attività musicale il piacere è l’elaborazione di stimoli che provengono dalle mani e dall’orecchio. Su questo si dovrebbero basare tutte le didattiche musicali che invece insistono in maniera quasi dogmatica sull’imprescindibilità dello spartito nel suonare, negando così la validità dell’improvvisazione e della creatività nell’apprendimento degli alfabeti musicali. Negare infatti la prassi spontanea del suonare a orecchio significa castrare la musicalità, neutralizzare in qualche modo il nostro vissuto sonoro. A loro modo fondamentali sono le attività di gruppo nell’apprendimento musicale. Infatti un altro aspetto essenziale nell’ambito di una didattica dello strumento è quello che vede i ragazzi spesso ingabbiati all’interno di una pratica abitudinaria che non esula dalla specifica aula di strumento: essi non cambiano gli sfondi e gli orizzonti su cui operare, spesso non gli è permesso.
Lo studente necessita di luoghi e spazi dove uscire e manifestare il proprio prodotto musicale. Poter partecipare come esecutore attivo ad una performance pubblica, ad un vero concerto con spettatori, è essenziale per un ragazzo che studia lo strumento musicale. Si rivelano utilissime le cosiddette esercitazioni di classe pubbliche, che a mio parere ogni insegnante di strumento dovrebbe periodicamente organizzare nel proprio spazio di lavoro. L’attività musicale collettiva, chiamata in gergo musica d’insieme, è un’esperienza di gran lunga lontana dalla lezione individuale. Essa si presenta sin dall’inizio coinvolgente e traumatica: sentire il proprio suono fondersi, perdersi e dialogare con quello degli altri è certamente un’esperienza che produce piacere e soddisfazione immediata. Imparare a gestire e delimitare il proprio ruolo in mezzo a quello degli altri è un’esperienza fortemente educativa. Di fondamentale importanza è che i saggi vengano opportunamente programmati, affinché vi sia il tempo giusto per portare a buon livello la preparazione del repertorio. Qualsiasi performance è presentabile come evento pubblico se fonda le sue radici in un percorso formativo serio. Durante queste manifestazioni si possono modulare le esecuzioni in modo che alcune si svolgano in forma meno ufficiale, forse di fronte ad un pubblico scelto appositamente, o persino solo all’interno della propria classe. Operando così non è neppure importante che un’opera venga presentata nell’interezza della sua durata. La riflessione, intesa come operazione che continuamente tutti noi facciamo, ma non necessariamente nella modalità giusta, può diventare la chiave di volta in una prospettiva nella quale ipotizziamo la motivazione come obiettivo e scopo generale. Le riflessioni dell’allievo e le sue meta-cognizioni mostrano spesso ed evidenziano il senso di fiducia connesso al rapporto di solidarietà che si ha nei confronti del proprio insegnante. L’allievo si deve anche abituare ad una artigianalità del risultato musicale che deve restituire l’esecuzione all’ambito che è suo proprio: quello di un atto che si prepara con severità e perseveranza, ma che poi ha il suo unico momento di verità affrontando il pubblico. Questo atteggiamento rafforza un’importante facoltà che è la tollerabilità del fallimento. Quindi penso che una pedagogia efficace preveda che l’insegnante debba in primis sottolineare sempre e comunque gli aspetti positivi, per poi rendere consapevole l’allievo riguardo al suo effettivo rendimento. L’artigianato è l’essenza della vita musicale e dato il tirocinio duro e a volte molto lungo, la sconfitta è sempre amara, e spesso allontana irrimediabilmente dalla musica. Molte delle motivazioni che individuiamo per suonare si rivelano come motivazioni povere e troppo scarse per far vivere bene in un mondo ludico e creativo come la musica. L’aspetto creativo si impone come nodo essenziale nella pratica del suonare e nell’insegnarlo a fare..
R.R